Abbandonata per anni, la "Versailles d'Italia" alle porte di Torino
Aprirà al pubblico in settembre. Ecco le prime foto del "miracolo"
Saloni, stucchi e giardini
rinasce la Reggia di Venaria
VENARIA REALE - Accadrà tra poco meno di sei mesi, il 21 settembre prossimo. E, da quel giorno, i milioni di visitatori dei decenni che verranno dovranno ringraziare gli ormai quasi sconosciuti fondatori di un'associazione dal nome impronunciabile, "Avta", e quella loro battaglia lontana, all'inizio degli Anni '50, per bloccare "l'abbattimento della Reggia a favore di un'espansione edilizia della città di Venaria Reale". Così, fu impedito che la "Versailles d'Italia", una delle inestimabili meraviglie delle corti e del barocco europei, voluta dai Savoia a partire dalla metà del '600 alle porte di Torino, fosse rasa al suolo dalle ruspe e sostituita da una schiera di case popolari.
Qualcosa di straordinario, un patrimonio dell'umanità alla pari di Versailles, dell'Hérmitage o di Caserta, che buona parte d'Italia ha sempre ignorato. Così come un secolo e mezzo di lento abbandono era quasi riuscito ad annientarlo: tetti sfondati sui quali crescevano addirittura gli alberi, affreschi e stucchi divorati dall'umidità come se fosse una lebbra, arredi, quadri e mobili dispersi in mille rivoli, porte, lastre di pietra e di marmo, travi di legno e caminetti interi divelti e saccheggiati subito dopo il 25 aprile 1945 nella rabbia, contro il regime e contro i Savoia, della gente povera e affamata di quell'antico borgo militare e della "caccia reale" (la Venaria, appunto) che si preparava a diventare uno dei dormitori operai della città del boom e della Fiat.
Adesso, che un miracolo durato già otto anni e che costerà, alla fine di tutto, 280 milioni di euro, si è quasi realizzato, la Reggia spalanca per la prima volta, al taccuino del cronista e all'obiettivo del fotografo, le porte dell'intero cantiere che mette assieme 250mila metri quadrati di superficie tra edifici, giardini e strade e che, come in un immenso rompicapo, ha ricomposto i tasselli di un puzzle disegnato, tra il 1659 e il 1739, da principi dell'architettura che si chiamano Amedeo di Castellamonte, Michelangelo Garove, Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri. Ma, mentre guida la visita in quella che considera da un decennio la sua creatura, e che tra qualche settimana consegnerà al mondo, neppure il soprintendente per i Beni Architettonici del Piemonte, Francesco Pernice, riesce a trovare una sintesi completa di tutto l'evento. "Guardate, è una cosa bellissima, emozionante", ripete solo con semplicità e passione ad ogni varco, ad ogni immenso salone invaso dalle impalcature e dai muratori, anche in una domenica mattina.
E' già tante cose, infatti, il restauro di Venaria Reale e tantissime altre le sarà, magari se saranno stati eleminati anche gli scempi edilizi e industriali che la circondano. A settembre, ad esempio, quando il regista Peter Greenaway rispolvererà i ricordi del suo I misteri del giardino di Compton House per proiettare, in cinque diverse "stazioni" della visita, la storia dei Savoia da Umberto Biancamano sino a Torino capitale. "Saranno dei quadri che parlano, come nei film di Harry Potter - spiega Alberto Vanelli, il direttore della Cultura della Regione Piemonte - nei quali un duca, una damigella, un servo, una favorita, la Sindone, una madama reale, un ballo o un corteo di ambasciatori narreranno l'atmosfera della corte e di questo luogo destinato al piacere e al divertimento".
Oppure è una sfilza di cifre, esagerate e affascinanti al tempo stesso: i nove tipi diversi di mattonelle di cotto realizzate per avere pavimenti che ricreino l'antichità del Seicento, le 450 opere che arriveranno dai grandi musei del mondo per l'inaugurazione, le oltre 10mila analisi agli infrarossi di ogni cosa si doveva riconoscere e poi rifare per ripristinare quello che il tempo aveva degradato, i 50 milioni di euro raccolti con il Lotto nel 2000 dall'allora ministro Veltroni per dare il via all'opera, oltre 700 persone al lavoro ogni giorno per 8 anni, gli 80 mila metri quadrati della Reggia e i 40 mila del Borgo Castello, dove l'ultimo re che qui veniva, Vittorio Emanuele II, portava la moglie morganatica: la "Bela Rosin". E ancora, i futuri 400 dipendenti e la spesa di 15 milioni di euro all'anno per gestire il tutto. Ma anche il numero che nessuno ricorda più di alberi, piante e di rose comprati per rifare il giardino trasformato in una spianata senza confini quando Venaria Reale diventò una grande caserma, ma che era stato disegnato con la consulenza di André Le Notre, il genio di Versailles. "Ne sono serviti così tanti - dice Vanelli - che a un certo punto abbiamo dovuto rivolgerci all'estero. I carpini, ad esempio, li abbiamo trovati in Olanda".
Poi ci sono i vanti di un restauro che ora, a ogni riunione dei soprintendenti delle grandi dimore europee, fa schiattare di invidia i francesi riempiendo di orgoglio Pernice e che, intanto, sta per essere imitato in molti altri posti del Continente.
Un'intera ala, quella delle scuderie e del maneggio di Benedetto Alfieri, ospita già il Centro di conservazione e restauro dei Beni Culturali che lavora per il cantiere, ma anche per i musei di mezza Europa. "Per prima cosa, abbiamo deciso di non rifare tutto ciò che era andato distrutto, ma di usare le tecniche del puntinato, del sottotono, del rigatino per far intuire che cosa manca e come poteva essere nella realtà - aggiunge Pernice - Dopo, abbiamo scelto tecnologie e materiali a basso costo: solo 1300 euro al metro quadrato, mentre nel resto d'Europa se ne spendono più di duemila".
Lunghissimo è anche l'elenco di ciò che la Reggia e il Borgo ospiteranno, entro il 2010 quando saranno a pieno regime. Una mostra permanente sui Savoia, uffici propri e una sede dell'Unesco per un "museo dei musei", un ristorante di lusso, caffetterie, un albergo a cinque stelle, un centro per l'allevamento del cavallo con maneggio coperto, cortei in costume e concerti nel giardino, una foresteria, botteghe artigiane, un mercatino Slow Food, almeno tre biblioteche, il teatro delle commedie del '600 restaurato e con 200 posti, più tante altre cose ancora da decidere o inventare: "Servirà almeno un weekend per visitare tutto".
E infine i quattro "gioielli" dello Juvarra che si susseguono nella pianta imponente di corridoi, cortili, maniche e padiglioni possenti: la galleria di Diana (è già aperta da qualche anno ed è affittata almeno ogni 15 giorni per feste, convegni e location di film), la chiesa di Sant'Uberto, la Citroniera (sarà un grande giardino d'inverno e forse ospiterà un collage di tutti i "paradisi terrestri" delle religioni del mondo) e la Scuderia (diventerà il luogo delle grandi mostre annuali di archeologia e di arte). Con un sogno, quello dell'assessore regionale alla Cultura e storico dei Savoia, Gianni Oliva: ricostruire, in qualche angolo, la rappresentazione dei giorni dell'amore tra Vittorio Amedeo II e la sua favorita, la contessa di Verrua.
"Lei arrivava da Versailles e si fece corteggiare quasi per un anno, insegnandogli l'arte della seduzione. Poi restò qui dieci anni e Venaria fu davvero degna del Re Sole".
http://www.repubblica.it/2007/04/se...ria-reggia/venaria-reggia/venaria-reggia.html
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