Tornano a Venaria le quattro stagioni rapite da Napoleone
Restaurate dai mecenati della Consulta lasciano dopo 200 anni i Giardini Reali
MAURIZIO LUPO
TORINO
Tornano a casa, a Venaria Reale, dopo quasi 200 anni. Sono di nuovo splendide, candide e trionfanti, quali erano in origine nella Reggia, tanto belle da fare invidia, fino a scatenare la turpe voglia di violarne i corpi. Furono sfregiate, poi mutilate delle braccia e infine decapitate dai soldati di Napoleone, durante il sacco di Torino e delle residenze sabaude.
Sono le «Quattro stagioni» scolpite dallo scultore Simone Martinez fra il 1739 e il 1759, in marmo bianco di Frabosa. Oggi valgono circa un milione e 200 mila euro. Tre ragazze in fiore posarono per dare il loro sorriso a primavera, estate ed autunno. Mentre un’anziana matrona, curva ma solenne, impersonò l’inverno.
Le loro forme, alte 2 metri e 20 centimetri, avvolte in un aereo panneggio, che esalta il movimento dei corpi seminudi, aizzarono le fucilate e la violenza degli invasori, quando nel 1798 irruppero alla Reggia. Le fecero a pezzi.
Rimasero mutilate, finchè nel 1810 l’architetto imperiale Giuseppe Battista Piacenza ne fece raccogliere i resti, con l’intenzione di fondare in onore di Napoleone un museo di scultura, di cui l’imperatore mai s’interessò.
Le quattro statue furono affidate allo scultore Giacomo Spalla, che restituì loro gli arti mancanti e le ricompose nei Giardini Reali di Torino. Lì sono rimaste fino a ieri mattina, esposte a due secoli di intemperie e di inquinamento urbano.
Ma da oggi saranno trasferite alla Reggia di Venaria. Al termine di tre mesi di restauri, pagati dalla «Consulta per la valorizzazione dei Beni artistici e culturali di Torino» guidata da Lodovico Passerin d’Entrèves, sono state inscatolate e issate su camion, prossimi a partire.
«Al loro posto, nei giardini - spiega il Soprintendente Francesco Pernice - verranno collocate delle copie fedeli, ricavate dopo aver scannerizzato a tre dimensioni le statue originali, che torneranno nelle nicchie progettate per loro dall’architetto Benedetto Alfieri nel 1753».
Si trovano tutt’ora nel «rondò» che separa la Galleria di Diana dalla Cappella di San Uberto. Era un importante punto di snodo della residenza, di alta rappresentanza. Qui sono stati riallestiti nuovi basamenti in marmo grigio, beige e verde, su disegni originari dell’Alfieri.
Tutt’intorno fervono intanto le opere per completare la Reggia, che sarà inaugurata il 12 ottobre, con una mostra dedicata alla dinastia sabauda. «Il pubblico - spiega Pernice- entrerà dal piano seminterrato del torrione dell’Alfieri. Per agevolare i portatori di handicap stiamo raccordando fra loro i quattro piani di calpestio della piazza antistante la Torre dell’Orologio, che sarà unificata da una pavimentazione a cubetti di porfido e lastre di pietra».
I biglietti saranno acquistati nell’ex biblioteca comunale, all’angolo di via Mensa. Poi il pubblico potrà accedere al Castelvecchio, per seguire un percorso didattico introduttivo, con l’aiuto di un grande plastico della Reggia. Alcuni lavori proseguiranno anche dopo l’inaugurazione. Pernice spiega che «la fontana del Cervo, nella corte d’onore dinanzi alla Reggia di Diana, sarà terminata solo a novembre».