Io prima citavo ironicamente, ma nemmeno troppo, Eduardo, che certamente sapeva quanto sia benefico tirare qualche schiaffone ai tramortiti.
Eduardo non offriva speranza: fuitevenne. Andate via, scappatevene da questa città, da questo modo di pensare, da questo modo di vivere.
Significa andare via non da strade, ma da modus vivendi, incastri fagocitanti. Conosco una infinità di Napoletani che lo hanno fatto ed oggi vivono duecento chilometri più a nord. Non un pianeta diverso, mi dicono con l'aria sconsolata, non una galassia: un universo.
Poi c'è anche gente onesta, quando tutto sembra perduto, che rimane a Napoli. E non solo rimane, ma invece di tapparsi in casa e metter un diaframma tra sé e "loro" - la "mazzamma" - va nei Quartieri e fa fare il doposcuola ai bambini che altrimenti sfreccerebbero sul motorino tutto il giorno, a tre, a quattro sul sellino, a fare chissà quali consegne. Questione spinosissima, ma ho paura che non basti un vago anelito alla "resistenza" o qualche piccolo eroe di giornata, che spesso ha le giornate contate, a cambiare le cose.
Nel resto d'Europa nei bar generalmente si entra senza paura. Nel resto d'Europa prendere un autobus non è un atto di coraggio. Nel resto d'Europa siamo liberi di prelevare a un bancomat senza paura, di fotografare un monumento, di fare jogging con l'ipod. A Napoli no. E ogni volta che i Napoletani sorridendo si arrangiano alla napoletana, danno una spinta alla minoranza che si arrangia un po' più di loro e oggi sta mangiando la loro Città. Alla minoranza che gira con il coltello e si arrangia a campare rapinando, spacciando droga. Perché se fregare il prossimo è sintomo di creatività un po' guascona e far fessi tutti gli altri, ecco che il ragazzino che porta a casa 50 euro per una piccola consegna di uno strano pacchetto è solo un po' più bravo degli altri ad arrangiarsi. O i Napoletani lo capiscono, o la città verrà mangiata viva dai Napoletani che si arrangiano un po' più degli altri. Devono reagire energicamente, e il primo passo da fare è ammettere, resistere, chiamare, segnalare, non tollerare, rispettare le regole, farle rispettare. Anche chi in centro non sa, non vede, non sente. E magari chiede un favore di tanto in tanto, senza preoccuparsi troppo di chi glielo fa. Purtroppo la mia impressione, visitando la Città, è di una rassegnazione mascherata con l'umorismo e la filosofia. Ma rassegnazione rimane, e ciò non è buono. Non è buono per nessun altro italiano, perché Napoli non è sola: si vince e si perde tutti insieme, e nella tragedia questo è un bene. Non bisogna fare un dramma che non esiste ma nemmeno minimizzare: bisogna solo reagire, altrimenti sapete qual è il passo successivo? Mosca, Buenos Aires, Los Angeles, Rio de Janeiro. Sobborghi blindati in cui rinchiudersi di fronte alla violenza avanzante. Reagire tutti, e magari evitare questa "ammuina" di eserciti dislocati, ministri affannati e sindaci in ebollizione che per la Camorra è solo grasso che cola. Anche se gli amministratori che si ritrova oggi Napoli sono tra i meno adeguati che avrebbe potuto desiderare.
No so, per il resto non sono in grado di dare spiegazioni né di offrire soluzioni. So solo una cosa: se a Napoli ci fossi nato, a quest'ora io con il cuore in lacrime già me ne sarei fuito.