Torna FestArch, utopia visionaria e realtà
con maestri e un tema: “Il turismo planetario”
grande spazio a “Monteponi verso un piano”
di Daniela Paba
“Il turismo planetario“. La seconda volta di FestArch, festival internazionale di architettura e visioni, in programma nella ex Manifattura Tabacchi di Cagliari, dal 29 maggio al primo giugno, sceglie come tema un problema scottante della globalizzazione. Quello che vorrebbe conciliare le vacanze di massa con la tutela del paesaggio e dell'ambiente, che rifiuta il concetto del viaggiare sempretuttouguale,: a Dubay come a Berlino, in Thailandia come nel Congo o in Perù, modello Club Mediterranée. E siccome in Sardegna come a Rimini oppure alle Maldive, il modello è abusato per questione d'argent, l'asse Soru-Boeri-Koohlass, ha invitato a discutere le alternative possibili, star dell'architettura internazionale come lo svizzero Jacques Herzog e grandi comunicatori, come il fotografo Oliviero Toscani.
Tre giorni di utopie visionarie sul concetto di spazio e di paesaggio che però si calano immediatamente nel reale con il progetto di recupero di Monteponi, già avviato dalla Regione. A inaugurare la manifestazione, giovedì alle 21,30 sarà infatti la lezione magistrale di Herzog che insieme a de Meron ha firmato l'ampliamento della Tate Gallery di Londra con un progetto che ha vinto il Pritzker Architecture Prize, ha realizzato lo stadio di Monaco di Baviera e quello di Basilea, il più grande parcheggio sotterraneo del mondo (per la gioia del sindaco di Cagliari Emilio Floris), e ora si appresta a inaugurare lo stadio di Pechino per le prossime Olimpiadi. Herzog infatti illustrerà la mostra Monteponi verso un piano, che nel titolo dice quanto l'intervento sulle strutture minerarie sia in progress.
Realizzato in collaborazione con le due Università di Cagliari e Sassari, FestArch anche quest'anno mette insieme, in diverse sezioni tematiche e artistiche (Il lavoro culturale, l'Isola dei progetti, Scrittori nello spazio, SOS Abitare, Maestri naturali, il Turismo è un racconto), filosofi, disigners, progettisti, scrittori e artisti visivi, uno degli aspetti più originali e interessanti della manifestazione che esce così dall'ambito puramente accademico. Attento alle tendenze come ai giovani talenti il festival ospita quest'anno l'intervento di Iñaki Abalos, Hans Ulrich Obrist, Patricia Urquiola, Quingyun Ma, Bjarke Ingels, offre spunti di dibattito sul piano di recupero di quartieri metropolitani come Sant'Elia, paesaggi rurali come la Marmilla o minerari come il Sulcis e Monteponi.
Spazio e paesaggio forniscono visioni ma sono contemporaneamente elementi strutturali del racconto, perciò a FestArch si parla di libri e scrittori contemporanei: Gadda e il suo Pasticciaccio, sono oggetto di un intervento, venerdì pomeriggio, che dello scrittore-ingegnere mostra i disegni milanesi.
Complice la novità della prima edizione, le strutture dimesse della Manifattura sono diventate, lo scorso anno, il luogo più frequentato della città: dal mattino fino a notte, improvvisamente, è sembrato ovvio, tra una passeggiata per mostre, dibattiti, una birra oppure un the, trovarsi a parlare di paesaggio e skyline, immaginare una città, un'isola, un paese diverso da quello finora voluto da costruttori di villette, case e parcheggi multipiano, ecomostri spesso non finiti, che si ripresentano da nord a sud come vicoli ciechi, senza un'idea di futuro. “ILa festicciola di di Soru”I, l'aveva definita l'assessore Pellegrini che contestava, durante l'inaugurazione, la gestione regionale di un bene pubblico, insieme al solito manipolo di agitatori di Forza Nuova. Detto da un “Isolo planetario”I come lui fa sorridere, perché sembrava invece che la città si fosse riappropriata della sua piazza, agorà recuperata dalla modernità industriale. Quest'anno, visto il successo della manifestazione, il Comune, sensibile al consenso, annuncia la presenza del sindaco e, alla conferenza di presentazione, ha visto bene di mandare l'assessore all'urbanistica Campus.
FestArch, a volerlo seguire tutto, diventa un lavoro, e forse rischia di restare più una vetrina d'idee che un effettivo laboratorio. Ma la sfida culturale che lancia: lavorare e risiedere in un paesaggio di eccellente bellezza come grande privilegio di chi abita il mondo contemporaneo, piuttosto che sviluppare insediamenti turistici che sembrano fortezze, uguali negli spazi e nel disprezzo di tutto ciò che vive intorno a loro; favorire l'incontro (anziché lo scontro) tra culture, tra residenti e visitatori, conciliare tensioni tra esigenze spesso contrastanti, e valorizzare le commistioni che ne risultano, rappresenta l'orizzonte dell'umanità, unico e meticcio insieme. Scandito come FestArch in quattro momenti: vedere, ricordare, accogliere, difendere.