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BARI | Rinasce il Teatro Petruzzelli

89472 Views 390 Replies 47 Participants Last post by  AlexB7
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In questo thread invito tutti i miei concittadini, e non, a scrivere ogni aggiornamento riguardo la prossima riapertura dell'importante teatro di Bari.

Ieri 27 ottobre 2007 era il 16 anniversario del rogo e solo ora é nota una data per l'inaugurazione: 8 Dicembre 2008.





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Come si può sentire e... vedere nel primo video, non è stata trovata una foto che raffiguri cosa ci fosse nello stemma del palco centrale (o reale), per intenderci quello sopra il vomitorio. Lo stemma pertanto è rimasto bianco.
Se qualcuno dovesse avere una vecchia foto dello stemma, la posti per favore.
:doh:

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Ma avete sentito Bondi? Fa ridere i polli!

E' assurdo, c'erano ben 2 benzinai sul marciapiede del Petruzzelli.:eek:hno: Meno male che non sono esplosi.
I proprietari l'anno sfruttato fino all'osso senza neanche metterlo a norma. E ora gli dobbiamo pure dare tutti quei soldi...:eek:hno:
non è stata trovata una foto che raffiguri cosa ci fosse nello stemma del palco centrale (o reale)
Mmm... possibile che non esistano foto?! Strano... vabbè in alternativa proporrei il galletto dell'A.S. Bari :cheers:

Benvenuto Mazinga, grazie per il tuo prezioso contributo :wave:
Piazza Cavour

Che fine ha fatto il progetto di risistemazione della zona antistante al teatro Petruzzelli? E' davvero un peccato che non sia stato più realizzato. In fondo Piazza Cavour era un progetto che nasceva nell'800. Quello spazio fù poi destinato per la costruzione di un grande teatro....:)

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^^ il progetto della piazza davanti al teatro é abbinata alla realizzazione di altre 2 piazza a fronte della camera di commercio e banca d'italia. Fa tutto parte del progetto di realizzazione del parcheggio interrato di Corso Cavour. Se faranno il parcheggio, faranno le tre piazze.
Ragazzi ottimissime notizie :)

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di oggi:

Petruzzelli, dal 1° febbario le chiavi alla Fondazione

BARI - Saranno consegnate il prossimo primo febbraio,alla Fondazione Petruzzelli, le chiavi del ricostruito teatro barese. E’ questo – informa una nota del Comune di Bari – il risultato di un incontro svoltosi oggi nella sede del ministero dei Beni culturali al quale hanno partecipato, tra gli altri, il ministro Sandro Bondi, il commissario delegato alla ricostruzione, Angelo Balducci, il sindaco di Bari nonchè presidente della Fondazione, Michele Emiliano e rappresentanti della famiglia Messeni Nemagna proprietaria della struttura.

Il ministro – spiega la nota municipale – "ha comunicato che a partire dal primo febbraio 2009 il commissario delegato sarà in grado di consegnare, ai sensi del protocollo di intesa del 2002, il teatro Petruzzelli alla Fondazione. Pertanto l'ing.Balducci chiederà un incontro alla Fondazione per effettuare la consegna delle chiavi, invitando la famiglia proprietaria a partecipare".

LA REAZIONE DELLA FAMIGLIA - Secondo quanto si apprende, nel corso dell’incontro, la famiglia Messeni Nemagna avrebbe avanzato alcuni appunti sul protocollo. Il ministro dei beni Bondi ha però ribadito che è impegno di tutti arrivare al più presto alla consegna del teatro alla fondazione e alla sua successiva riapertura.

IL COMMENTO DI EMILIANO - "Sono felice che il ministro abbia ordinato al commissario straordinario per la ricostruzione Angelo Balducci di riconsegnare il teatro alla Fondazione a partire dal primo febbraio 2009". Lo afferma il sindaco di Bari, Michele Emiliano.

"Si conclude così – aggiunge in una dichiarazione – una vicenda durata sin troppo. Tengo a precisare che detta consegna avviene senza che sia mutata in nulla la situazione giuridica sin qui maturata. Non aggiungo alcun altro commento, che pure potrei esprimere – conclude Emiliano – perchè il risultato ottenuto è talmente importante ed emozionante da rendere superflue polemiche o recriminazioni. Mi verrebbe di dire che tutto è bene ciò che finisce bene".
Come sono felice :banana::banana::banana:
Corriere del Mezzogiorno - BARI

La storia del politeama Petruzzelli: Venticinque anni per vedere la luce

Nel 1877 il Consiglio comunale lanciava l'idea del nuovo, grande teatro, ma i cantieri si aprirono nel 1898, e l'inaugurazione si celebrò solo nel 1903.

di FABRIZIO VERSIENTI

Il Petruzzelli non è stato fatto in un giorno, e neanche in un anno. Ce ne vollero cinque per la sua «fabbrica». E almeno un quarto di secolo di progetti, offerte e tentativi abortiti. I famosi fratelli commercianti di tessuti che diedero il loro nome al nuovo Politeama entrarono in scena solo verso la fine di questo lungo percorso a ostacoli. L'idea iniziale venne agli amministratori baresi: fu il consigliere Camillo Sagarriga a lanciare nel 1877 la proposta di costruire un nuovo teatro, alternativo al già esistente Comunale, il Piccinni, inaugurato nel 1854. E' passato poco più di un ventennio da allora, ma la città è scontenta del suo piccolo San Carlo, una sala all'italiana di medie dimensioni che finisce inevitabilmente per essere il teatro degli aristocratici e della ricca borghesia, di coloro che possono permettersi il costo - non indifferente - dei biglietti d'ingresso. Per di più, il Comune ne finanzia e sostiene l'attività, e i consiglieri hanno dunque le loro ragioni per lamentarsene.
L'idea di Sagarriga, presentata in Consiglio il 1 maggio 1877, è semplice: facciamo una nuova struttura per lo spettacolo più grande e più popolare, capace di offrire la stessa programmazione di lirica e teatro ospitata dal Piccinni ma per un maggior numero di spettatori (e quindi con biglietti d'ingresso più abbordabili). La proposta, dopo una rapida istruttoria in commissione, viene fatta propria dal Consiglio che lancia un'offerta pubblica: il Comune mette gratuitamente a disposizione il suolo, nei larghi «spazi vuoti» che dal centro murattiano vanno verso Sud Est, lungo il mare; inoltre, garantisce una modesta partecipazione allo sforzo economico (alla fine il suo contributo sarà di 40.000 lire, neanche il 5% del costo totale) e soprattutto una serie di agevolazioni fiscali all'imprenditore che s'impegni, a sue spese, a costruire un nuovo e grande politeama. L'esigenza era quella di contemperare l'ambizione - di rendere più bella la città, di valorizzarla in senso economico e culturale, di farne una piccola capitale del Sud - e la realtà, fatta di bilanci pubblici regolarmente in passivo. Mentre incominciava a crescere un ceto commerciale e industriale autoctono, la proposta di conciliare interesse generale e iniziativa privata apparve come una possibile quadratura del cerchio.
La prima offerta arrivò due anni dopo, da parte di un comitato presieduto dall'avvocato Favia. Ma l'entusiasmo iniziale cadde nel vuoto. Bisognò attendere il 1881 perché si facesse avanti Antonio Barone, che si offrì di realizzare un politeama da tremila posti; come voleva il Comune, l'avrebbe intitolato all'ancora vivente Nicola De Giosa, compositore barese (1820-1885) che fece fortuna a Napoli ma finì per essere rapidamente dimenticato nel Novecento. Il suo progetto, redatto dall'ingegner Gaetano Canedi, famoso per aver disegnato il Manzoni di Milano, andò incontro a varie opposizioni; e la crisi economica del 1887 gli diede il colpo di grazia. I fratelli Petruzzelli, Onofrio e Antonio, entrano in scena nel 1894; due anni dopo, il 29 gennaio 1896, stipulano con il Comune il contratto di concessione di area che definisce minuziosamente i termini dell'impresa, comprese le clausole sull'eventuale ripristino del teatro in caso di distruzione totale o parziale: all'articolo 5, si dice testualmente che «nel caso l'edifizio crollasse per terremoto, per incendio o per qualsiasi altra causa, il concessionario ed i suoi aventi causa avranno il diritto di rimettere il Politeama nello stato primitivo, purché i lavori siano intrapresi fra un anno e siano completati fra tre a contare dal giorno in cui il crollamento sia avvenuto; oppure avranno il dovere di sgombrare il suolo dai materiali e restituirlo libero al Comune fra un anno a contare dal sopra indicato termine». Ben inteso, a spese loro. Il Comune si comporta da «facilitatore» dell'impresa e ne detta le regole, a cominciare dal nome del politeama (De Giosa), dalla sua capienza (tremila posti) e caratteristiche principali (basate sul progetto Canedi).
E' Antonio a firmare la concessione nello studio del notaio Pietro Antonio Labriola; sua controparte, il sindaco Giuseppe Re David. L'anno dopo, i Petruzzelli ottengono qualche modifica non di poco conto: cambia il progetto, questa volta redatto dall'ingegnere barese Angelo Cicciomessere, che qualche anno dopo cambierà il suo nome in Antonio Messeni. Un uomo pieno di energia e di relazioni, già capo dell'ufficio tecnico comunale, nonché cognato dei Petruzzelli avendo sposato la loro sorella, Maria; e infatti gli attuali proprietari, i Messeni Nemagna, sono suoi discendenti. Con il progetto del teatro cambia anche il nome: per la prima volta si parla di politeama Petruzzelli. Prende forma così quello che diventerà, con qualche piccola, ulteriore modifica e ridimensionamento l'anno successivo, il teatro che oggi conosciamo, da poco più di duemila posti, via via ridotti nel tempo dalle sempre più esigenti normative sulla sicurezza (il nuovo Petruzzelli che sta per inaugurarsi ne avrà all'incirca 1400).
E' un teatro che assomiglia molto all'Opéra di Parigi, quella di Garnier inaugurata nel 1879: sia la facciata che la pianta sembrano ricalcarne in scala ridotta e semplificata il progetto. Soprattutto, è la filosofia generale a essere molto simile: l'idea del politeama, ovvero di una sala capace di contenere svariate tipologie di spettacolo, dalla lirica al circo, porta a voltare le spalle al tradizionale modello di teatro all'italiana, con i suoi ordini di palchi simmetrici, per avvicinarsi al modello del teatro alla francese post-rivoluzionario, la cui architettura riprende qualcosa dell'arena o dell'anfiteatro. Il Petruzzelli, ad esempio, affiancherà ai palchi le gradinate del terzo ordine e ancora più su quelle del quinto, coronate rispettivamente dal quarto ordine e dal loggione; zone evidentemente destinate al pubblico popolare, mentre palchi e platea restano appannaggio dei ceti più abbienti (e più eleganti).
Nella sua stessa configurazione, dunque, il teatro porta i segni della sua storia futura, del suo destino: il Petruzzelli sarà sempre, infatti, un teatro ibrido, un po' popolare e un po' aristocratico, senza decidersi a sciogliere il nodo in un senso o nell'altro. Soprattutto, il Petruzzelli continua ancor oggi a dirci, a distanza di oltre un secolo, quanto la Bari dell'Ottocento guardasse a Parigi come a un modello di capitale «alternativa» a Napoli ma anche a Torino o a Roma, come un sogno proibito da coltivare.
«Se Parigi avesse il mare… » non è un proverbio che nasce a caso. La Bari nuova, fuori dalle mura del suo centro storico, prende forma per iniziativa dei francesi con la fondazione del borgo murattiano nel 1813. I primi capitalisti legati alle industrie di trasformazione, nel corso dell'Ottocento, sono imprenditori tedeschi e francesi (i Ravanas, gli Chartroux…); il paradigma del lusso e dell'eleganza viene da Parigi, al punto che quando nel 1864 tre giovanotti decidono di fondare in corso Vittorio Emanuele il caffè Risorgimento, con annessi albergo e ristorante, spediscono uno di loro, Luigi Volpe, in Francia per studiare lo stile, l'arredamento, l'organizzazione dello spazio dei café parigini. E' naturale, dunque, che per il Petruzzelli si pensi all'Opéra Garnier. D'altronde, non dimentichiamo che il più illustre compositore barese, Niccolò Piccinni (1728-1800), divenne famoso e poi morì - praticamente in miseria - proprio a Parigi.
Tornando alla «fabbrica» del nostro teatro, il 1898 fu un anno molto turbolento: anche a Bari, in aprile, scoppiò la rivolta del pane, repressa nel sangue dal generale Pelloux. C'era bisogno di qualche politica pubblica che desse sollievo alla popolazione più povera e disperata, di lavoro; anche il cantiere del Petruzzelli poteva essere una buona idea. Così, finalmente la mano pubblica e quella privata si strinsero, e si cominciò a costruire; ci vollero cinque anni, un milione di lire dell'epoca (o addirittura, secondo certe stime degli eredi, un milione e mezzo, cifra davvero iperbolica).
Ma lo sforzo produrrà frutti importanti: i terreni intorno si apprezzeranno moltissimo, e il Petruzzelli farà da volano per lo sviluppo urbanistico di tutta quella zona tra corso Cavour e il mare che passa oggi impropriamente per «umbertina» e resta la più elegante (e pregiata) della città. L'inaugurazione del teatro fu il 14 febbraio 1903. Manco a dirlo, con Les Huguenots di Meyerbeer, puro «grand-opéra» francese.
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Non mi piacciono tutti quei palazzoni che soffocano il Petruzzelli ma chi li ha fatti costruire?
il teatro meriterebbe ben altra visuale...
Bellissimo.:)
Non mi piacciono tutti quei palazzoni che soffocano il Petruzzelli
dove?? :shocked:
^^Sono palazzi dei preimi del Novecento. La maggior parte il stile Liberty o eclettico. Roberto te li sei sognati i palazzoni?:)
Dannata sbarra: impedisce la visuale del palco dalle balconate

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno on-line



BARI - Sembra che a richiederla siano stati i vigili del fuoco. Di certo sappiate che il teatro è stato sfigurato nella sua essenza e soprattutto che, se si escludono la seconda e la terza fila del terz’ordine, la gran parte dei posti in teatro sono impallati in eterno da una ringhiera, chiaramente posticcia, cioè non prevista nel progetto originario. Tradotto in italiano: nel nuovo Petruzzelli avranno diritto a vedere lo spettacolo quanti acquisteranno i biglietti di platea, gli ospiti non paganti del palco reale, come già detto gli appassionati del terz’ordine a patto che abbiano l’accortezza di evitare la prima fila, forse qualcun altro sparso. Tutte le balconate infatti hanno l’altezza classica di tutti i teatri cosiddetti all’italiana, sono cioè all’altezza giusta per consentire agli spettatori la pienezza del loro diritto, che è poi banalmente quello di assistere dietro pagamento di una somma di denaro destinata all’ottenimento di un contrassegno comunemente chiamato biglietto. Che l’altezza dei davanzali non sia quella prescritta dalla puntigliosa normativa vigente, è chiaro a chiunque. Come è chiaro a chiunque il perché siano state ideate e realizzate a quell’altezza. Per quasi tutti i teatri storici italiani, Scala in testa ma anche alla Fenice appena ricostruita, è stata chiesta ed ottenuta una deroga dietro esposizione in ogni dove di appositi cartelli «E’ vietato sporgersi», come nei treni. Per il Petruzzelli no. No, nel senso che non sappiamo nemmeno se la deroga sia stata mai chiesta.

A preoccupare, evidentemente, dev’essere stata la ben nota litigiosità dei mediterranei, notoriamente inclini alla rissa per futili motivi come il posto lautamente pagato e trovato occupato dal procio di turno (chiamasi proci nell’Odissea quelli che Ulisse trova insediati a casa sua ad Itaca a far bisboccia a spese sue, cosa che, avendoci messo vent’anni per tornare e volendosene stare un po’ tranquillo con moglie e figlio, lo fa incazzare come una iena). Oppure i dati sui tentativi di suicidio nei teatri di Bari, negli ultimi anni saliti a nostra insaputa a cifre da capogiro. Naturalmente, ci saranno anche cittadini che non avranno alcun tipo di problema.

Molto in sofferenza in generale donne e bambini, destinati a rimetterci i dentini da latte in caso di inciampo (essendo da latte, chissenefrega), salva la famiglia Meneghin, Zorro Zorzi e Andrea Lucchetta a patto che tenga basso il ciuffo, Emiliano e Di Cagno Abbrescia entrambi ‘ndramelonghe, ex pivot e schiacciatori di banda. Playmaker e alzatori rischiano il colpo della strega, indecisi come saranno se guardare da sopra la sbarra o da sotto. Restare piegati a novanta gradi per quelle due ore, comunque, conserverà un rischio sociale assai elevato. Graditi, assai graditi, bassi e tenori di taglia forte tendente al fortissimo, nel senso che almeno se ne vedrà la testa guardando da sopra la scala svedese che funge da parapetto. Quanto alle signore, soprani e affini, ci permettiamo di suggerire l’adozione di tacchi nove-dieci, pur con tutti i rischi che l’inclinazione del palcoscenico conserva. Visti i costumi coprenti, forse preferibili le zeppe o quelli che vengono pudicamente definiti «plateaux».

Restano un must della cozzalaggine umana, ma quando servono, c’è poco da fare: servono.

FRANCESCO COSTANTINI

28/2/2009
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Ma questo sta male...:eek:hno:
Dannata sbarra: impedisce la visuale del palco dalle balconate

Forse nella descrizione delle modifiche effettuate sul progetto originale (ma non doveva essere com'era, dov'era?) il giornalista della gazzetta del mezzogiorno sarà stato un pò troppo ironico, ma nella sostanza il suo articolo non fa una piega!!!
In fondo negli altri teatri italiani, tra cui quelli di Napoli, Venezia e Torino che hanno subito un recente restauro non è stata inserita nessuna ringhiera a norma di sicurezza per non alterare non solo la visuale, ma anche la memoria storica. Solo a Bari era necessario?
Alla prova dei fatti (o della visuale) ognuno di noi saprà giudicare....
Anche secondo me è un pugno nell'occhio, però non è modo di scrivere un articolo.
ma che cacchio ha detto il giornalista nell'articolo? non si capisce granchè, io ho capito solo che sta prendendo in giro un pò tutti. :lol:
comunque secondo me andrebbe rispettata la tradizione dei palchetti all'italiana senza ringhiera.
se qualcuno volesse suicidarsi o litigare andrebbe proprio a teatro? :lol::lol:
via quelle ringhiere!!!!!!
e poi il pubblico dei teatri non dovrebbe essere così incivile, no? :)
Ahimè è una soluzione normalissima adottata nei teatri.
Da anni ci sono anche alla Scala ma non mi sembra ci sia stata questa discussione!
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