Bah. A me non è mai piaciuta. Non mi piace la fontana, non mi piace il tema, non mi piace lo scenario della piazza. Ma
De gustibus non est disputandum.
Questa è una bella fontana:
Coordinate: 37°30'15.6"N 15°05'04.0"E
A proposito, boicottiamo GoogleMaps, sempre più idiota e rincoglionente: hanno tolto le funzioni più importanti e utili, tra cui la condivisione delle coordinate, per sostituirle con le bimbominkiate bestia.

hno:
Siamo all'interno del primo chiostro dell'ex Collegio dei Gesuiti, l'
area scholarum, ossia la parte preposta alla
schola nel collegio, quella usata per l'insegnamento (gli studi erano fondamentalmente quelli teologici, ma non mancavano altre discipline).
Questa magnifica opera risale al 1750, opera dello scultore catanese Giovanni Battista Marino, omonimo dello scrittore napoletano vissuto il secolo precedente, autore tra l'altro di quella magnifica processione plastica sulla facciata del San Sebastiano di Acireale. Di lui in realtà non sappiamo un granché se non che fu anche architetto.
L'opera fortunatamente è ben documentata (Archivio di Stato, Palermo,
Ex case gesuitiche, volume 45 MM, folio 98, 30 giugno 1750), tuttavia ne viene descritta un'altra posizione. Riporta infatti il testo d'archivio che essa si trovava "nella prospettiva del nuovo corridore", ossia il corridoio nord al primo piano, che connetteva lo scalone monumentale alla prima
rustica o
corte dei carri. Verosimilmente cioè si trovava all'apice della medesima scalinata (realizzata in marmo di Trapani nel 1721; vedi: Archivio di Stato, Catania, 2° vers. not., notaio Vincenzo Russo di Catania, busta 1263, 8 giugno 1721, carta 665), poiché a lato dell'ingresso al corridoio vi è ancora un incavo attraversato da una tubatura metallica il quale evidentemente dovette alloggiare qualcosa.
La cosa singolare è che pur essendo in piena vista, tale fontana viene data per dispersa (Giuseppe Dato,
Il Collegio dei Gesuiti nella struttura urbana settecentesca, in G. Dato-Giuseppe Pagnano,
L'architettura dei Gesuiti a Catania, Milano 1991, p. 46) sebbene la descrizione fornita palesa si tratti della medesima opera: "Contemporaneamente comincia a montarsi una fontana di marmo di Taormina con un puttino e pesci in pietra di Siracusa".
Passiamo alla descrizione.
La fontana è alloggiata in una sorta di nicchia monumentale, culminante con una finestra che si presenta murata. Appare evidente un suo ricollocamento per via dell'adattamento della struttura al disegno della nicchia, che presenta vistose incongruenze formali, nonché per la presenza di malta legante a vista.
La fontana vera e propria è costituita da un corpo centrale a due vasche rette da un pilastrino attorniato da un sistema di tre gradoni rococò in marmo rosso. Il pilastrino si presenta con estrosi e voluttuosi disegni ad andamenti curvilinei tipici del barocco, i quali celano nella parte bombata centrale il tubo di scolo, perfettamente a piombo. La muratura che sorregge la facciata del pilastrino e la vasca grande segue esattamente il profilo delle volute.
Al pilastrino si appoggia direttamente una vasca dal profilo mistilineo, la maggiore delle due costituenti la fontana, realizzata in marmo chiaro ma molto sporco, forse un tempo fu rosato (stando alle fonti d'archivio, proverrebbe da Taormina). Questa era la "peschiera", la vasca che raccoglie il gioco d'acqua prima del suo deflusso. All'interno il fondo è vistosamente logorato dall'attività dell'acqua. Da questa vasca emerge, sul lato addossato alla parete, il putto realizzato dal Marino, vistosamente monco degli arti e delle ali: mancano anche i pesci, segno che l'opera subì un pesante danneggiamento (vedi sotto).
Il puttino regge il peso della vasca più piccola, a guisa di telamone, piegando le gambe nello sforzo. La vasca che regge non sporge di molto dalla superficie che occupa la piccola statua e si presenta in una elegante curva ellittica avente per bordo due tori che stringono una scozia. Sulla superficie della vaschetta si aprono tre fori da cui fuoriuscivano i tre zampilli della fontana, di cui quello centrale è posto più in alto dei due laterali i quali sono invece allineati. I fori erano rivestiti da bocche credo in piombo, visto che l'ossidazione parrebbe sul bianco.
Chiude la composizione un elemento di riutilizzo, posizionato qui senza apparente motivo: esso stona vistosamente con il resto della composizione. Si tratta di una bella formella marmorea in gusto tardo-manierista o proto-barocca, verosimilmente appartenuta al vecchio collegio, quello cinquecentesco abbandonato a partire dal 1621 per va del trasloco dei padri presso la
Strata Luminaria. Rappresenta il monogramma dell'
Ave Maria circondato da ricci e cartigli di gusto di primo Seicento. Realizzato in marmo trasparente quasi quarzato, venne ricoperto in periodo non risaputo da una orribile patina di vernice ocra che ne altera la percezione cromatica originale della bella superficie. In genere questo orripilante colore lo troviamo diffusissimo nella Catania tra Otto e Novecento.
Ipotesi plausibile in merito alla ricollocazione e alle pessime condizioni della statuina: il sisma del 1818, che danneggiò in varie parti il Collegio (al tempo "delle Arti", essendo i Gesuiti già espulsi dalla Sicilia), tra cui la vecchia cantina cui fu necessario rifare la copertura, per un totale di danno ammontante a 500 onze (Dante Mariotti e Cecilia Ciuccarelli, § 6.
Catania nell'Ottocento: i terremoti del 20 febbraio, 1 marzo 1818 e 11 gennaio 1848, sez. "Edifici danneggiati a Catania - Edifici civili", in Enzo Boschi-Emanuela Guidoboni,
Catania terremoti e lave - dal mondo antico alla fine del Novecento, Bologna 2001, p. 199), dovette abbattere la fontana settecentesca e farla ruzzolare per la scalinata; il putto perse le braccia e i pesci furono irrecuperabili, il restauro venne ad essere troppo oneroso per la "casa di istruzione per la bassa gente" e si limitarono a rimontare i pezzi principali nella loro collocazione attuale.
La fontana è liberamente accessibile e visibile ogni giorno, negli orari stabiliti, a seguito dell'intelligente apertura del chiostro operata dalla Soprintendenza, per effettuare le visite alla chiesa di San Francesco Borgia attraverso il portale di accesso che utilizzavano gli studenti del Collegio nel Settecento.