Lo spazio e la città (Cassino)
RELAZIONE
La consapevolezza che la città contemporanea sia altro da quella descritta dal pensiero moderno ha provocato una serie di domande sugli aspetti e sugli usi ed il timore di cadere nell’equivoco delle tradizionali descrizioni. La messa a fuoco della “dimensione” implica la riflessione sulla città in generale e sulla parte da progettare; questa ultima si presenta con un assetto oscillante fra la dimensione di spazio interattivo senza identità e quello contemplativo – statico. Il senso di ordine è da reinventare attraverso la fluidità dello spazio che muta assetto con il variare degli accadimenti e con gli altri codici che la città produce nel suo continuo modificarsi.
La città si presenta con il disordine al quale siamo abituati in ogni città e che la letteratura ci restituisce con descrizioni poetiche di quella consuetudine del caos come necessità necessaria per la vita dello scambio e della produzione. La città è in continua modificazione per motivi diversi e difficilmente prevedibili.
E’ una città nella quale scopriamo la disconnessione e l’interferenza fra le parti.
Passeggiare per Cassino fa affiorare le connotazioni particolari della città e al contempo la necessità di sottolineare queste peculiarità. La prospettiva verso Montecassino, frequente se non continua, i traguardi attraverso i sottopassaggi, i tracciati delle arterie - il cui sedime ha più di duemila anni - insieme alle molteplici attività come il commercio, l’istruzione, le attività professionali costituiscono la sostanza fisica e culturale del luogo.
Non una città della memoria, ma un’altra città, con un passato di sofferenze molto singolare di cui ancora è e deve essere presente l’errore, ma che ha saputo ricostruirsi riconfermando alcuni segni.
L’esperienza della ridefinizione della frammentazione urbana ha inciso nell’elaborazione del ragionamento analitico. Partendo dalla descrizione della storia dei luoghi e di come questi hanno inciso sulla ricostruzione degli stessi il progetto propone la delimitazione di un suolo che sorregge e accoglie i parametri variabili delle nuove spazialità urbane contemporanee.
Nella sua inafferrabile fisicità - dove velocità un tempo inattese tagliano antiche staticità urbane e antichi traguardi sono alterati da invasività ed altro - ci si inoltra per fondare situazioni aperte alla modificazione che, come un sedime antico, affiorano in “basolati” o basamenti che accolgono la vivacità e incostante modifica del contemporaneo ridefinendo le tre piazze della città: la prima che fonde insieme Piazza San Benedetto-De Sanctis, la seconda che ridefinisce piazza Municipio-De Gasperi-Diamare e la terza che connette piazza XV febbraio con piazza Armando Diaz.
In esse si svolgono i complessi rituali della vita dissociativa che per frammenti temporali stabiliscono delle regole. Le unità connotate stabiliscono rimandi figurativi ed evocano straniamenti nella ripetizione apparente degli elementi per comporre un arcipelago denotativo della nuova realtà urbana.
La dimensione degli spazi, la loro successione, la presenza di infrastrutture e strutture pubbliche sono stati elementi primari per la definizione delle tre piazze. Queste distinzioni caratterizzanti stabiliscono le categorie d’uso: il percorrere (passeggiare e/o lavorare) e lo stare. Con questi usi e le declinazioni connesse si è cercato l’equilibrio nelle parti di un insieme che si incardina fra le strutture edilizie del centro urbano a formare come una piattaforma nella quale si innestano le piazze più grandi della città. In queste tre + 1 piazze i materiali assumono il ruolo di connettori figurativi la cui immagine rimanda ad altri luoghi percorsi di cui si ravvisa l’appartenenza.
Si è riconosciuto che un equilibrio instabile ed inaspettato, strutturante e al tempo stesso disordinato affiorava nella tensione fra la Piazza Diaz e le piazze S. Benedetto e De Sanctis e che i flussi pedonali tracciavano segni di connessione fra queste entità di vuoto urbano ad alta connotazione.
All’interno di questi nuovi basamenti il monte si affaccia come presenza amica e naturale ancor più che memoria di distruzione. Il verde e l’acqua che si ritrovano direttamente a lato della Chiesa Madre, entrano nella città e stabiliscono un nuovo rapporto con i luoghi, siano essi percorsi o piazze.
In questa calibrata artificialità di materiali naturali si innestano i più riconosciuti del “paesaggio” quali alberi ed acque: il frusciare delle foglie ed il rumore dell’acqua in movimento creano improvvise sensazioni di straniamento, per attimi o minuti, il tempo di una passeggiata o di una breve sosta. Così i colori delle foglie e dell’acqua con quelli di tende o trasparenti edicole e insegne pubblicitarie creano un disordine ordinato che di notte, quando tutto è grigio, è ritmato da luci puntuali che disegnano percorsi o illuminano i viali, le alberature ed i piani inclinati di terra. Gli elementi naturali interferiscono a formare un legame con la collina montuosa del Monastero che è presenza non più drammatica ma ritrovata nella ricostruzione di memoria e radicamento insieme alla innovazione e rifondazione. Le querce segnano punti particolari negli spazi urbani e alberature più domestiche sono usate per alleggerire scenari della complessità. Lungo il percorso tra le piazze Labriola – De Gasperi – San Benedetto e De Sanctis fino a Piazza Marconi si alternano vasche d’acqua le cui forme sono dettate dalla relazione con il disegno delle parti lambite. La loro posizione è ai margini dei principali percorsi e a ridosso dei piani inclinati d’accesso agli edifici. Non fontane isolate ed autoreferenti, ma elementi del disegno delle marcature che si incastonano nei piani grigi del più grande impianto del nuovo centro.
Stabilito che le tensioni istituiscono la nuova urbanità e che a questa dobbiamo dare una spazialità che ne condensi i molteplici aspetti passiamo alla descrizione del progetto che stabilizza temporaneamente l’arcipelago dei vuoti e dei pieni, attraverso la suddivisione della tessitura in declinazioni dettate dagli spostamenti.
La Via De Nicola è scelta come asse di slittamento dell’impronta di base - i nuovi confini del centro come si è detto - che è costituita da due grandi cunei trapezi che si incardinano e si fondono su di essa. L’impronta ha un materiale identitario, il granito grigio medio G375 bocciardato fine scelto come base d’innesto dei ” tre grandi eventi più uno “ di stabilizzazione dei flussi. Queste placche disegnate, incise, inclinate sono le nuove piazze di Cassino dove si svolgerà la vita di lavoro e di svago e nelle quali si incastonano graniti di differente misura, colore, finitura. Il disegno è arricchito dalle rampe per accedere agli edifici della Procura e della Posta e, con minore dislivello, alla chiesa Madre, dalle alberature che ne suddividono le misure con variazioni atte a rappresentare discontinuità e unità; dalla illuminazione che segue l’andamento dei flussi simulati e disegna linee notturne in diagonali di forte singolarità e dalle vasche, alcune delle quali a raso per permettere il contatto con l’acqua. Il disegno è ancora sottolineato dalla tessitura oltre che dalla differenza dei materiali e dalla dimensione del taglio e si relaziona ai portici, alla continuità e discontinuità degli edifici all’intorno. La modulazione è assoluta e funzionale al contempo e costruisce le relazioni figurative; queste sono viste da lontano, in prospettiva, dai livelli d’accesso ai luoghi pubblici, da distanza ravvicinata, quando si cammina o ci si siede nelle sedute di pietra che fanno parte del progetto o dalle sedute temporanee di bar o ristoranti. Questa architettura orizzontale e le sue modulazioni stabilizza le superfici degli edifici all’intorno includendoli come parte della scena dalle rigature compatte e solide della pietra.
L’architettura è così pronta ad alloggiare i parcheggi che la invadono con discrezione nei margini del nuovo centro e che trovano posto al livello inferiore della piazza centrale, a questi si accede con due rampe poste ai lati del Corso De Nicola e ad esso perpendicolari. Le necessità d’uso sono assicurate anche nei periodi di maggior traffico e la quotidianità potrà svolgersi secondo rituali abituali.
Metafora dei componenti il paesaggio naturale e urbano sono i margini della grande piattaforma. Nella piazza a lato della chiesa Madre sono traslate all’interno della città le alberature in forma di piccolo bosco e l’acqua - presenza oggi quasi dimenticata - a cui è dedicata una lunga incastonatura con un piano verticale sul quale scorre l’acqua: uno specchio doppio che si muove e crea lievi suoni di naturalità dimenticate. Un piccolo bosco, un insieme di alberi fra lineari e compressi, è all’altro lato della chiesa, margine antico con la campagna. Le alberature attraversano la piazza in granito chiaro e, bordando la sede badiale, raggiungono il sottopassaggio che conduce al liceo. Il granito nero disegna le “punzonature” a lato della vasca d’acqua e a lato dell’insieme di alberi più a nord, come anche le rigature ampie del sagrato della chiesa, di un gradino più alto, e le interpunzioni ritmate che completano la piazza. Illuminazioni con pali semplici, dalla sezione circolare e con l’ultimo tratto illuminante rigano i percorsi primari, mentre altra illuminazione correda il bordo verso la collina.
L’architettura della piazza Municipio - De Gasperi ha connotazione più complessa, concentra su di sé le disconnessioni associative già accennate. Direzioni dei percorsi, accessi agli edifici pubblici, ingressi ai parcheggi sotterranei si dislocano in ordine discreto il cui disegno non tradisce le premesse. Acqua a lato delle rampe dell’ingresso al Comune che ha la funzione di raccordare le complesse geometrie degli usi. Questa direzione è sottolineata dal filare di ciliegi da fiore (Prunus sargentii e Prunus amigdalus) alternati che riga lo spazio fino al sottopassaggio oltre le Poste. Di fronte alle quali un piano alto, al quale si accede da una rampa, consente l’ingresso. Questo impianto si prolunga oltre il corso della Repubblica e abbraccia la chiesa di S. Antonio ed il teatro per catturare al “centro” anche il sedime della Piazza Diamare.
A lato di essa le piazze Marconi e Toti, pur appartenendo al sistema del nuovo centro, sono usate per lo scambio con la pedonalità e come introduzione ai temi figurativi. In esse trovano posto alcuni parcheggi a raso, alberature, punzonature e sedute di pietra e piccole edicole di servizio.
Infrastrutturazione fondativa è la Piazza Labriola che si presenta come l’implosione delle presenze dando vita ad uno scenario dove l’attore è la storia degli accadimenti: è totalmente pedonale, è attraversata dalla superficie chiara dell’interferenza, ha una lunga vasca d’acqua con sedute d’affaccio, una quercia (Quercus pubescens) ed un piccolo insieme di ciliegi da fiore. Il fronte del palazzo è separato dalla grande vasca da una rampa che conduce all’ingresso al quale si accede anche con una scala che sovrapassa lo specchio d’acqua. Davanti agli esercizi commerciali sono poste alcune specchiature in granito nero e la piazza ha il colore intermedio del granito grigio bocciardato fine.
La conclusiva terza piastra-piazza si distende dalla Piazza Diaz alla piazza XV Febbraio inglobando nel disegno la Via Secondino Pagano, senza escludere il traffico veicolare, che è raccolto da un parcheggio fuoriterra – tre piani - lungo la via Conte al lato del Mercato. Anche in questa piazza sono piantumati dei ciliegi e, nella piazza Diaz, una roverella (Quercus pubescens).
L’acqua segna percorsi e luoghi, il verde, per contraddittoria definizione, sottolinea l’idea di parco di pietra, le piazze, con le tessiture variabili, una solida instabilità.
Le piante di Quercus pubescens sono utilizzate come segnali di appartenenza: 1 lungo la linea della vasca d’acqua a lato della chiesa, verso la collina, 2 all’interno del palazzo comunale, 3 nella Piazza Labriola, 4 nella piazza Diaz, tutte in geometrica corrispondenza rispetto alla scelta d’impianto.
I filari di alberi segnano i principali percorsi e identificano le strutture nuove e non della città.
Anche le incastonature, dalle geometrie consimili, contribuiscono a sottolineare il senso di appartenenza ai luoghi, pietre miliari della ritrovata identità urbana.
Per il disegno del suolo si è scelto di optare, quale materiale utilizzato, per il granito, nelle tre tonalità dei grigi - nero, grigio scuro e grigio chiaro - per avere porosità e resistenza consimili a fronte di coloriture, sfumature e trame variegate.
La circolazione automobilistica è regolata in modo da ridurre al minimo il contatto con le piazze-basamenti, prevalentemente pedonali. Sono previsti un parcheggio interrato sotto la Piazza De Gasperi, un altro fuori terra - tre piani - viene collocato lungo Via Conte accanto al mercato, ed infine un parcheggio lungo la nuova strada che unisce Piazza San Benedetto e Via E. De Nicola
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