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La gazzarra di ieri, la sinistra, Prodi
Disapprovare non basta
di Ernesto Galli Dalla Loggia
Anche se ha preferito non dare importanza alla cosa, quel che è capitato ieri pomeriggio al ministro Moratti è assai grave, e merita di essere chiamato con il suo nome: una violenta, indecorosa gazzarra che chiama in causa responsabilità più vaste di quelle dei suoi autori. A nulla è valso che Letizia Moratti partecipasse al corteo milanese commemorativo della Liberazione spingendo la carrozzella con il padre medaglia d'argento della Resistenza; a nulla è valso che la sua sola presenza attestasse — se ce ne fosse stato mai bisogno! — la condivisione degli ideali di libertà evocati dalla ricorrenza: no, nulla è valso a nulla per proteggerla dalla salva di fischi, di insulti, di minacce, che le è piovuta addosso per tutta la durata del corteo. Ovvia la sua colpa: stare politicamente nel centrodestra; per giunta come ministro dell'Istruzione e dell'Università del governo Berlusconi, cioè in un ruolo che per lungo tempo è stato oggetto di una vera e propria demonizzazione ad opera dei settori più beceri e massimalisti della sinistra italiana che da decenni, ahimé, si annidano per l'appunto nelle scuole e negli atenei della Repubblica.
Di fronte a quanto accaduto, che è l'esatta ripetizione di quanto già accaduto altre volte in altri 25 aprile, i commenti degli esponenti del centrosinistra, limitatisi tutti (con la sola, felice eccezione, oltre che della Rosa nel pugno e di Mastella, di Bruno Ferrante, concorrente con la Moratti nella prossima elezione a sindaco di Milano) a un formale rincrescimento, appaiono penosamente inadeguati. Tanto più se ricordiamo che sono proprio essi a rammaricarsi regolarmente del fatto che i politici del centrodestra non partecipano ai festeggiamenti della Liberazione: e perché mai lo dovrebbero se questa è la fine che li aspetta? Per superare l'esame di autolesionismo?
Più inadeguata delle altre, per l'evidente importanza della sua figura, la reazione di Romano Prodi, il quale, pur avendo l'occasione di parlare nel comizio a conclusione del corteo, dal palco ha fatto appena un cenno all'accaduto.
Ha evitato così di dire, il nostro futuro presidente del Consiglio, ciò che invece andava detto e che da lui ci aspettavamo. Che allora in sua vece diciamo noi: e cioè che la democrazia italiana non sa che farsene dell'antifascismo dei faziosi e dei violenti; che la nostra democrazia non sa che farsene di quell'antifascismo che — come ha scritto coraggiosamente il direttore di Liberazione Piero Sansonetti — non capisce che «una cosa è cacciare i nazisti e un'altra è cacciare Berlusconi», che la democrazia italiana non sa che farsene — e non vuole avere niente a che fare — con l'antifascismo che non esita a strumentalizzare le grandi, drammatiche pagine della storia nazionale e i valori più alti del nostro patto costituzionale per sfogare i suoi poveri livori politici, per celare le sue pochezze, all'occasione per maramaldeggiare.
Finché l'antifascismo dei democratici non saprà prendere le distanze dall' antifascismo «militante», da questa sua contraffazione intollerante e violenta, e non saprà farlo a voce alta, esso sarà sempre vittima, anche elettorale, del suo ricatto politico. È così, mi chiedo, è mostrando una simile timidezza ideologica che si crede di poter costruire il Partito democratico? Sul punto di andare al governo con un'esiguissima maggioranza parlamentare, i gruppi dirigenti del centrosinistra commetterebbero un grave errore a non capire che è proprio su questioni come questa che essi si giocano la possibilità di convincere e di raccogliere intorno a sé una parte del Paese più vasta di quella che li ha votati.
26 aprile 2006
Copyright 2006 © Rcs Quotidiani Spa
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Ingrao: l'avversario non va mai offeso L'ex esponente Pci: «Aggressione volgare e stupida contro di lei, è la violenza di falsi pacifisti»
Volgare. Inaccettabile. Ma peggio ancora: stupido. Davanti al racconto dell'assalto, sia pure verbale, a Letizia Moratti, Pietro Ingrao è durissimo. L'ha fatta, lui, la Resistenza. Entrò in clandestinità, finì sulla Sila, conobbe sua moglie Laura perché faceva la staffetta e fu con Vittorini uno dei promotori del grande comizio a Porta Venezia del 26 luglio 1943.
Insomma: il 25 aprile è più «sua che non di chi ha vomitato addosso al ministro della Pubblica Istruzione, ieri pomeriggio, palate di offese irripetibili.
«È un episodio grave. Chiunque, di qualsiasi idea, partecipi a una manifestazione per il 25 aprile dev'essere accolto e rispettato. Bisogna essere contenti che vengano anche persone che non sono di questa o quella formazione vicina ma hanno una storia loro. Quindi, se le cose stanno così...».
Purtroppo è andata proprio così.
«Allora è una cosa inaccettabile».
C'è chi dice che i fischi la Moratti e gli altri che stanno con gli eredi del fascismo dovevano in qualche modo aspettarseli.
«Io la penso assolutamente al contrario. Se la Moratti viene a una manifestazione come questa è un fatto buono. Io non ho le idee della Moratti: è chiaro? Divergo da lei su quasi tutto. Ma se viene a una manifestazione per il 25 aprile ne sono contento. E in ogni caso il suo diritto a partecipare a questa festa deve essere rispettato».
Un pezzo della sinistra non ne può più dei «cretini di sinistra» che si vestono da kamikaze, bruciano le bandiere, insultano...
«Non ho idea di chi siano, questi qui di Milano...».
Non erano black-block né autonomi dei centri sociali.
«So che hanno messo in piedi una cosa sciagurata. Assolutamente da condannare. Tanto più in una giornata come questa che ricorda la riconquista della libertà e dovrebbe essere di gioia per tutti gli italiani».
C'è una responsabilità anche della sinistra nell'avere spesso tollerato in questi anni momenti di violenza verbale?
«Guardi, sono un vecchietto e non voglio erigermi a censore. Ma certo, per me, qualsiasi linguaggio che offenda l'avversario è inaccettabile. Del resto lei sa che, sia pure in tempi molto recenti e in età molto avanzata, io ho fatto una scelta precisa, quella della non violenza. Che naturalmente (e mi dispiace che la guerra in Iraq sia stata un po' dimenticata dagli italiani) è un tema molto più vasto. Ma "non violenza" significa anche queste cose molto semplici ed essenziali come il rispetto degli altri».
Insomma, non si può essere pacifisti e non violenti sull'Iraq e poi sparare sulla Moratti le volgarità di ieri.
«Esatto. Non si può. Fa stridore. Anzi, se negli eventi terribili quali sono quelli di una guerra non è sempre così facile distinguere sulla violenza, nel caso di una manifestazione assolutamente pacifica che dovrebbe celebrare l'unità di questo Paese non esiste possibilità di dubbio: occorre dare il benvenuto a chi magari ha opinioni diverse ma viene a partecipare a un evento condiviso».
In anni non lontani il servizio d'ordine del Pci o della Cgil si sarebbe fatto carico della Moratti mettendo in riga eventuali teppisti: non c'è dentro la sinistra una progressiva perdita di cultura di controllo degli eccessi?
«Certo, gli eccessi li combattevamo. Questo è sicuro. Io, poi, certi linguaggi non li ho mai amati».
Mai scappata una parolaccia?
«Non mi pare. Forse per timidezza. In ogni modo, se mi fosse scappata, avrei sbagliato. Non c'è bisogno della parolaccia, in politica. Si può essere molto duri e severi senza mai superare certi limiti. A parte il fatto che episodi come questi sono anche un modo molto sciocco e controproducente per affermare una propria linea politica. Io ho molte osservazioni da fare alla politica scolastica della Moratti. Molte. Ma proprio perché è così lontana da me, la devo rispettare».
Questa carica insopportabile di violenza verbale di oggi c'era anche ieri o è cresciuta a dismisura negli anni?
«Intanto devo ripetere che a me la violenza verbale non piace. Quella di ieri e quella di oggi. Non mi sta bene politicamente e nemmeno, come dire, stilisticamente».
Anche quando dirigeva l'Unità.
«Mai. La beffa sì. Il sarcasmo anche, quando ci riusciva. Ma le parolacce no. No. Eravamo dentro forze in cui venivano criticate anche le foto con le donnine nude. Non era nel costume del mio partito, della mia parte politica. Ora, io non vorrei fare il puritano o cadere ne bigottismo, ma... ».
C'è chi dice, a sinistra, che questo tasso di violenza verbale in politica si è impennato per colpa di Berlusconi. Berlusconi rovescia tutto e dice: colpa della sinistra.
«Non ho abbastanza elementi per valutare chi ha ragione. E certo non posso mettermi a dare voti in pagella. So che questa volgarità nella politica non mi piace. Fermo restando che l'episodio di Milano, se la ricostruzione è questa, va al di là delle parolacce. È molto più grave».
Anche perché è suicida, alla vigilia delle amministrative, no? «Prima ancora che suicida (forse la parola è troppo forte) quello che è stato fatto è stupido. Profondamente stupido. Tanto più, santo Iddio, nel giorno della Liberazione e della ricostruzione dell'unità nazionale. Che senso ha?».
Insomma, nessuna indulgenza.
«No».
Quindi chi dice che la Moratti in fondo se l'è cercata perché mai si era ricordata del 25 aprile prima di essere candidata a sindaco...
«Cosa vuol dire? Se anche la Moratti ha sbagliato sulla scuola, o prima o dopo o perfino anche lì, in piazza, a Milano, la risposta non può essere in ogni caso la violenza verbale e l'espulsione dal corteo. Che significa? Se la Moratti viene alla manifestazione del 25 aprile...».
Benvenuta.
«Certo, se viene io sono contento. Mi fa piacere. Se poi spingeva nella carrozzina un padre che era stato partigiano e deportato a Dachau...».
Gian Antonio Stella
26 aprile 2006
Copyright 2006 © Rcs Quotidiani Spa
Disapprovare non basta
di Ernesto Galli Dalla Loggia
Anche se ha preferito non dare importanza alla cosa, quel che è capitato ieri pomeriggio al ministro Moratti è assai grave, e merita di essere chiamato con il suo nome: una violenta, indecorosa gazzarra che chiama in causa responsabilità più vaste di quelle dei suoi autori. A nulla è valso che Letizia Moratti partecipasse al corteo milanese commemorativo della Liberazione spingendo la carrozzella con il padre medaglia d'argento della Resistenza; a nulla è valso che la sua sola presenza attestasse — se ce ne fosse stato mai bisogno! — la condivisione degli ideali di libertà evocati dalla ricorrenza: no, nulla è valso a nulla per proteggerla dalla salva di fischi, di insulti, di minacce, che le è piovuta addosso per tutta la durata del corteo. Ovvia la sua colpa: stare politicamente nel centrodestra; per giunta come ministro dell'Istruzione e dell'Università del governo Berlusconi, cioè in un ruolo che per lungo tempo è stato oggetto di una vera e propria demonizzazione ad opera dei settori più beceri e massimalisti della sinistra italiana che da decenni, ahimé, si annidano per l'appunto nelle scuole e negli atenei della Repubblica.
Di fronte a quanto accaduto, che è l'esatta ripetizione di quanto già accaduto altre volte in altri 25 aprile, i commenti degli esponenti del centrosinistra, limitatisi tutti (con la sola, felice eccezione, oltre che della Rosa nel pugno e di Mastella, di Bruno Ferrante, concorrente con la Moratti nella prossima elezione a sindaco di Milano) a un formale rincrescimento, appaiono penosamente inadeguati. Tanto più se ricordiamo che sono proprio essi a rammaricarsi regolarmente del fatto che i politici del centrodestra non partecipano ai festeggiamenti della Liberazione: e perché mai lo dovrebbero se questa è la fine che li aspetta? Per superare l'esame di autolesionismo?
Più inadeguata delle altre, per l'evidente importanza della sua figura, la reazione di Romano Prodi, il quale, pur avendo l'occasione di parlare nel comizio a conclusione del corteo, dal palco ha fatto appena un cenno all'accaduto.
Ha evitato così di dire, il nostro futuro presidente del Consiglio, ciò che invece andava detto e che da lui ci aspettavamo. Che allora in sua vece diciamo noi: e cioè che la democrazia italiana non sa che farsene dell'antifascismo dei faziosi e dei violenti; che la nostra democrazia non sa che farsene di quell'antifascismo che — come ha scritto coraggiosamente il direttore di Liberazione Piero Sansonetti — non capisce che «una cosa è cacciare i nazisti e un'altra è cacciare Berlusconi», che la democrazia italiana non sa che farsene — e non vuole avere niente a che fare — con l'antifascismo che non esita a strumentalizzare le grandi, drammatiche pagine della storia nazionale e i valori più alti del nostro patto costituzionale per sfogare i suoi poveri livori politici, per celare le sue pochezze, all'occasione per maramaldeggiare.
Finché l'antifascismo dei democratici non saprà prendere le distanze dall' antifascismo «militante», da questa sua contraffazione intollerante e violenta, e non saprà farlo a voce alta, esso sarà sempre vittima, anche elettorale, del suo ricatto politico. È così, mi chiedo, è mostrando una simile timidezza ideologica che si crede di poter costruire il Partito democratico? Sul punto di andare al governo con un'esiguissima maggioranza parlamentare, i gruppi dirigenti del centrosinistra commetterebbero un grave errore a non capire che è proprio su questioni come questa che essi si giocano la possibilità di convincere e di raccogliere intorno a sé una parte del Paese più vasta di quella che li ha votati.
26 aprile 2006
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Ingrao: l'avversario non va mai offeso L'ex esponente Pci: «Aggressione volgare e stupida contro di lei, è la violenza di falsi pacifisti»
Volgare. Inaccettabile. Ma peggio ancora: stupido. Davanti al racconto dell'assalto, sia pure verbale, a Letizia Moratti, Pietro Ingrao è durissimo. L'ha fatta, lui, la Resistenza. Entrò in clandestinità, finì sulla Sila, conobbe sua moglie Laura perché faceva la staffetta e fu con Vittorini uno dei promotori del grande comizio a Porta Venezia del 26 luglio 1943.
Insomma: il 25 aprile è più «sua che non di chi ha vomitato addosso al ministro della Pubblica Istruzione, ieri pomeriggio, palate di offese irripetibili.
«È un episodio grave. Chiunque, di qualsiasi idea, partecipi a una manifestazione per il 25 aprile dev'essere accolto e rispettato. Bisogna essere contenti che vengano anche persone che non sono di questa o quella formazione vicina ma hanno una storia loro. Quindi, se le cose stanno così...».
Purtroppo è andata proprio così.
«Allora è una cosa inaccettabile».
C'è chi dice che i fischi la Moratti e gli altri che stanno con gli eredi del fascismo dovevano in qualche modo aspettarseli.
«Io la penso assolutamente al contrario. Se la Moratti viene a una manifestazione come questa è un fatto buono. Io non ho le idee della Moratti: è chiaro? Divergo da lei su quasi tutto. Ma se viene a una manifestazione per il 25 aprile ne sono contento. E in ogni caso il suo diritto a partecipare a questa festa deve essere rispettato».
Un pezzo della sinistra non ne può più dei «cretini di sinistra» che si vestono da kamikaze, bruciano le bandiere, insultano...
«Non ho idea di chi siano, questi qui di Milano...».
Non erano black-block né autonomi dei centri sociali.
«So che hanno messo in piedi una cosa sciagurata. Assolutamente da condannare. Tanto più in una giornata come questa che ricorda la riconquista della libertà e dovrebbe essere di gioia per tutti gli italiani».
C'è una responsabilità anche della sinistra nell'avere spesso tollerato in questi anni momenti di violenza verbale?
«Guardi, sono un vecchietto e non voglio erigermi a censore. Ma certo, per me, qualsiasi linguaggio che offenda l'avversario è inaccettabile. Del resto lei sa che, sia pure in tempi molto recenti e in età molto avanzata, io ho fatto una scelta precisa, quella della non violenza. Che naturalmente (e mi dispiace che la guerra in Iraq sia stata un po' dimenticata dagli italiani) è un tema molto più vasto. Ma "non violenza" significa anche queste cose molto semplici ed essenziali come il rispetto degli altri».
Insomma, non si può essere pacifisti e non violenti sull'Iraq e poi sparare sulla Moratti le volgarità di ieri.
«Esatto. Non si può. Fa stridore. Anzi, se negli eventi terribili quali sono quelli di una guerra non è sempre così facile distinguere sulla violenza, nel caso di una manifestazione assolutamente pacifica che dovrebbe celebrare l'unità di questo Paese non esiste possibilità di dubbio: occorre dare il benvenuto a chi magari ha opinioni diverse ma viene a partecipare a un evento condiviso».
In anni non lontani il servizio d'ordine del Pci o della Cgil si sarebbe fatto carico della Moratti mettendo in riga eventuali teppisti: non c'è dentro la sinistra una progressiva perdita di cultura di controllo degli eccessi?
«Certo, gli eccessi li combattevamo. Questo è sicuro. Io, poi, certi linguaggi non li ho mai amati».
Mai scappata una parolaccia?
«Non mi pare. Forse per timidezza. In ogni modo, se mi fosse scappata, avrei sbagliato. Non c'è bisogno della parolaccia, in politica. Si può essere molto duri e severi senza mai superare certi limiti. A parte il fatto che episodi come questi sono anche un modo molto sciocco e controproducente per affermare una propria linea politica. Io ho molte osservazioni da fare alla politica scolastica della Moratti. Molte. Ma proprio perché è così lontana da me, la devo rispettare».
Questa carica insopportabile di violenza verbale di oggi c'era anche ieri o è cresciuta a dismisura negli anni?
«Intanto devo ripetere che a me la violenza verbale non piace. Quella di ieri e quella di oggi. Non mi sta bene politicamente e nemmeno, come dire, stilisticamente».
Anche quando dirigeva l'Unità.
«Mai. La beffa sì. Il sarcasmo anche, quando ci riusciva. Ma le parolacce no. No. Eravamo dentro forze in cui venivano criticate anche le foto con le donnine nude. Non era nel costume del mio partito, della mia parte politica. Ora, io non vorrei fare il puritano o cadere ne bigottismo, ma... ».
C'è chi dice, a sinistra, che questo tasso di violenza verbale in politica si è impennato per colpa di Berlusconi. Berlusconi rovescia tutto e dice: colpa della sinistra.
«Non ho abbastanza elementi per valutare chi ha ragione. E certo non posso mettermi a dare voti in pagella. So che questa volgarità nella politica non mi piace. Fermo restando che l'episodio di Milano, se la ricostruzione è questa, va al di là delle parolacce. È molto più grave».
Anche perché è suicida, alla vigilia delle amministrative, no? «Prima ancora che suicida (forse la parola è troppo forte) quello che è stato fatto è stupido. Profondamente stupido. Tanto più, santo Iddio, nel giorno della Liberazione e della ricostruzione dell'unità nazionale. Che senso ha?».
Insomma, nessuna indulgenza.
«No».
Quindi chi dice che la Moratti in fondo se l'è cercata perché mai si era ricordata del 25 aprile prima di essere candidata a sindaco...
«Cosa vuol dire? Se anche la Moratti ha sbagliato sulla scuola, o prima o dopo o perfino anche lì, in piazza, a Milano, la risposta non può essere in ogni caso la violenza verbale e l'espulsione dal corteo. Che significa? Se la Moratti viene alla manifestazione del 25 aprile...».
Benvenuta.
«Certo, se viene io sono contento. Mi fa piacere. Se poi spingeva nella carrozzina un padre che era stato partigiano e deportato a Dachau...».
Gian Antonio Stella
26 aprile 2006
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