Bel thread, pieno di spunti interessanti.
Provo a dire la mia.
Inizio ripetendo qualcosa che avevo già scritto in un'altra discussione: personalmente non condivido l'opinione di chi ripete il mantra del Veneto terra straziata dai capannoni quasi fosse un unicum a livello italiano.
Lo sprawl esiste in tutta Italia in termini più o meno comparabili (la variabile è il diverso grado di sviluppo economico, mica la maggiore attenzione alla pianificazione territoriale).
E' un fenomeno collocabile all'incirca a partire dagli anni '70, quando la spinta accentratrice si spegne e per varie ragioni (costo della vita, inquinamento, criminalità, conflittualità politica e sindacale, ecc.) inizia la fuga dalla città verso i centri della cintura urbana, che conoscono un rapido (e quasi sempre caotico) sviluppo.
All'interno di questo scenario comune in modo più o meno marcato al resto della penisola, il Veneto presenta comunque alcune specificità che tendono a distinguerlo dal resto d'Italia, anche se permangono analogie con le altre regioni della pianura padana.
Innanzitutto il policentrismo, cioè l'assenza di una città di riferimento per il resto della regione. E' probabilmente una conseguenza della vocazione marittima di Venezia, poco interessata per lunga parte della sua storia ad amministrare i territori alle sue spalle. Il lascito delle signorie locali è quindi sopravvissuto ben oltre la durata di queste, in forza dell'ampia autonomia concessa dalla Repubblica ai suoi domini in terraferma.
Poi, la vocazione di buona parte del Veneto alla piccola proprietà terriera, che affonda le proprie radici negli anni del declino della Repubblica e nella successiva dominazione austriaca, fino al particolare successo in queste terre delle riforme agrarie di Mussolini e De Gasperi. La conseguenza è stato lo sviluppo parcellizzato del territorio, in cui ogni contadino si è costruito una casa, poi due, infine il laboratorio artigianale o il capannone.
Infine, ma è più una conseguenza dei punti precedenti, il permanere di una forte identità locale legata alla dimensione paesana, per cui da un lato le aree metropolitane dei centri maggiori hanno un appeal più limitato che in altre regioni, dall'altro le stesse sono perfettamente concepibili, e concepite da chi le abita, come centri a se stanti, non come quartieri satellite di metropoli lontane anche cento chilometri.
Per questo motivo ritengo che la PaTreVe sia una grossa sciocchezza, visto che è basata sull'errata convinzione che il Veneto centrale sia periferia dei relativi capoluoghi di provincia, quando è tutto il contrario. Le problematiche in materia di pianificazione del TPL e altro derivanti dalla stretta interconnessione tra queste tre città vanno risolte a livello regionale, senza bisogno di inventarsi nuovi livelli amministrativi pensati per Paderno Dugnano e Aversa e che andrebbero a dir poco strette a Montagnana o a Conegliano.
A dirla tutta, le uniche AM che hanno senso di esistere in Italia sono quelle delle tre principali città: Roma, Milano e Napoli. In tutti gli altri casi, la strada maestra deve essere quella dell'accorpamento tra comuni, assai meglio rispondente alle necessità delle aree urbane italiane.
Infine, per rispondere alla domanda iniziale, la città più grande del Veneto è indubbiamente Verona, seguita da Padova, Mestre e a seguire tutte le altre.
P.S. non fatevi problemi per la mia salute mentale, sono a letto con l'influenza e non ho niente di meglio da fare
