Giovedì 3 maggio potrebbe essere un giorno storico per la geografia politica europea. Si terranno, infatti, le elezioni politiche per il giovane parlamento scozzese e, se come previsto dai sondaggi, dovesse prevalere lo Scottish National Party (SNP), ci sarà l’ipotesi concreta di un referendum per l’indipendenza dalla Gran Bretagna che potrebbe porre fine a 300 anni di un'unione non sempre lieta.
Paradossalmente, il supporto all’indipendenza scozzese è maggiore in Inghilterra che in Scozia. Questo è dovuto al fatto che la Scozia è vista dagli inglesi come un paese culturalmente distante che attrae risorse per bilanciare il suo gap economico con la più ricca Inghilterra. Inoltre c’è una questione politica. Da quando il governo New Labour di Tony Blair, insediandosi nel 1997, con una politica di forte devolution ha concesso il parlamento a Glascow, accade che oggi gli scozzesi dispongano di propri deputati e di un proprio esecutivo ma, nello stesso tempo, partecipino alle elezioni del Regno Unito eleggendo i propri rappresentanti anche a Westminster. L’Inghilterra, al contrario, non disponendo di un proprio esclusivo parlamento, vede il suo organo legislativo nella stessa Camera dei Comuni alla cui elezione partecipano quindi anche gli scozzesi. Difatti il premier britannico è anche il premier inglese.
Una situazione simile si verifica in Galles, dove parallelamente alla costituzione del parlamento in Scozia è nata un’Assemblea nazionale, ma in quel lembo di Gran Bretagna, che pure presenta caratteri etnici, culturali e linguistici differenti dal resto del paese, le spinte separatiste sono meno forti che oltre il vallo di Adriano.
Gli scienziati scozzesi, secondo un recente sondaggio, sono in maggioranza contrari all’indipendenza, temendo che questa porti ad un taglio dei fondi alla ricerca che sinora sono stati generosi da parte di Londra.
I nazionalisti così vedono nel loro desiderio di indipendenza un fattore chiave del loro successo, sebbene gli scozzesi contrari alla separazione da Londra rappresentino quasi la metà degli elettori. La loro campagna sinora non è stata faziosa, godendo già dei favori dei sondaggi.
Le altre forze politiche in corsa per i seggi per Holyrood (il parlamento di Glasgow) sono il Labour Party, fermamente contrario ad un referendum sull’indipendenza. Tra i suoi punti chiave, che come in Inghilterra, l’istruzione, intesa anche come strategia di lotta alla disoccupazione. Il calo di popolarità del leader Tony Blair, tuttavia, potrebbe avere riflessi negativi sul risultato finale del partito della rosa, che anche per questo, da Glasgow, auspicava un passaggio di consegne a Gordon Brown antecedente alle elezioni di giovedì.
Un altra forza politica che chiede maggiore visibilità è quella dei Liberal-Democratici, oscurati dalla principale battaglia tra Laburisti e Nazionalisti.
Anche i conservatori scozzesi (alter ego dei Tory di Westminster) hanno ammesso di essere fuori dai giochi per la guida del governo, ma la popolarità della leader locale, Annabel Goldie, sembra in crescita. Per i Tory pesa ancora, dopo oltre 10 anni, la pesante eredità lasciata dall’ex premier Britannico Margaret Thatcher, le cui politiche ultraliberali costarono molto, in termini economici, alla nazione scozzese.
In corsa per qualche seggio anche forze minori nello scenario politico inglese, come i Verdi, dati intorno al 6%, con progetti rivolti soprattutto alla produzione energetica da fonti rinnovabili; Solidarity di estrema sinistra, che ambisce a liberare il paese da centrali nucleari e armi, i Socialisti (che oltremanica sono davvero socialisti, a differenza del resto d’Europa), che propongono trasporto gratuito per tutti, la lista degli anziani (si badi, non dei pensionati!) per i quali una delle maggiori preoccupazioni è l’aumento della pensione minima, infine è in corsa anche una lista indipendente.
Una delle ragioni secondo cui la Scozia rivendica l’indipendenza risiederebbe, secondo alcuni, anche nella gestione delle risorse energetiche. Difatti, le basi off-shore di estrazione petrolifera nel mare del Nord risulterebbero in una ghiotta fonte di ricchezza ghiotta per un ipotetico governo indipendente di Glasgow.
Nell’immaginario di noi europei non cambierebbe nulla, dato che siamo abituati a vedere le singole nazioni britanniche giocare indipendentemente nelle competizioni sportive internazionali. Per la scozia, infatti, che già ha un proprio campionato e proprie rappresentative nazionali con tanto di bandiera e inno nazionale diversi dai rispettivi inglesi o gallesi, dopo aver ottenuto anche il parlamento l’indipendenza sarebbe un’ulteriore formalità da espletare. Economicamente parlando, invece, si prevedono ripercussioni indiscutibili sui bilanci nazionali di Glasgow e Londra.