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TORINO Sparita

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sull'onda degli altri due thread :)

via roma prima di essere sventrata






via po




via po con la mole in costruzione




la mole in costruzione




via garibaldi




piazza solferino (senza atrium ovviamente :) )




lo stadio comunale in aperta campagna :runaway:




piazza carlo felice senza porta nuova (il cantiere si intravede in basso)




porta nuova senza macchine...




guardate che magnifica piazza vittorio nuda e cruda




palazzo madama con osservatorio astronomico (quando non c'era ancora inquinamento atmosferico...)




corso vittorio




corso matteotti




piazza castello

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A Riobasco e agli altri di Lucento: sapete che ci fu un momento in cui sembrava che il grande ospedale Policlinico del San Giovanni, poi sorto alle Molinette, dovesse sorgere proprio in quel quartiere?
Fin dalla fine dell'800, il San Giovanni Vecchio si rivelava ormai insufficiente alle esigenze della città, e si parlava di ampliarlo o trasferirlo fuori dal centro; nè l'amministrazione del San Giovanni, nè il Comune avevano però i mezzi per dar corso a un'opera così imponente. Nel 1901 si rimediò temporaneamente, con la costruzione della nuova ala di via Cavour (che oggi ospita Oncologia); ma l'esigenza di realizzare un nuovo grande ospedale era ormai inderogabile. Il problema maggiore era trovare una località salubre, ricca di aria fresca e benefica, in posizione elevata; scartata l'ipotesi del territorio collinare, per le difficoltà viarie, la scelta era sembrata cadere proprio su Lucento, per la sua posizione relativamente elevata rispetto al resto della città, sullo "sperone" della Dora; rimaneva il problema dell'acquisizione del terreno:
Nel 1909, a sparigliare le carte, venne però la donazione dell'industriale svizzero August Abegg, allora proprietario del Cotonificio Valle Susa; nell'intento di "compensare" la città e il territorio che gli avevano permesso notevoli profitti, stanziò la cifra per allora enorme di 10 milioni di lire per l'acquisto dei terreni delle Molinette, da destinare alla costruzione del nuovo grande ospedale. All'inizio Comune e San Giovanni furono restii nell'accettare, ritenendo l'area delle Molinette insalubre, con un terreno inadatto perchè umido, sabbioso, di riporto. Venne poi la Grande Guerra a bloccare ogni progetto; però proprio la guerra, coi suoi feriti e mutilati, e ancor più la successiva terribile epidemia della "spagnola", dimostrarono l'esigenza ormai irrinunciabile di dotare Torino di un ospedale adeguato per dimensioni e modernità. A sei mesi dalla fine del conflitto, il 8/3/1919, il Comune deliberò finalmente la costruzione del nuovo ospedale, ma da allora all'inizio dei lavori dovevano passare ben nove anni! Solo il 21/7/1928, infatti, venne firmata la convenzione per avviare i lavori del nuovo Policlinico delle Molinette, lavori che durarono altri sette anni; infine, il 9/11/1935, l'inaugurazione alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, della Regina Elena (la "regina crocerossina"), delle autorità cittadine e dell'arcivescovo card. Fossati. Le perplessità sulla salubrità della zona furono fugate dal prof. Azzo Azzi, titolare della cattedra universitaria di Igiene, che dichiarò la zona salubre per la vicinanza del Po e della collina, e sgombra di abitazioni. Le difficoltà maggiori nella costruzione vennero dal terreno, in pendenza notevole verso il fiume, che richiese lavori notevoli di riporto e consolidamento.
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:banana:Graziee!!! Era come lo ricordavo! Evidentemente il messaggio che doveva trasmettere ha avuto il suo effetto (almeno su di me), per averne un ricordo così vivido.
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Non lo sapevo! Anche se sia mio padre che i miei nonni erano del Borgo Po, non ne avevo mai sentito raccontare. E dire che abitavano al 16 di Corso Casale, a poca distanza da lì. Appena vedo qualcuno degli amici di mio padre ancora in vita, chiederò conferma.
Buongiorno Giuseppe. In effetti è un sito talmente anonimo, che se non fosse per le informazioni avute da mia madre, all'epoca bimba di 8 anni, passerebbe totalmente inosservato. Dai ricordi di mia madre, pare corresse quasi parallelo al viale, sbucando dove il rio San Martino sfocia nel Po. Con la costruzione del nuovo ponte, nel 1970, probabilmente è stato completamente smantellato. Ricordo però che da bambino, quando non c'era ancora una copertura massiccia , avevo potuto vedere attraverso una breccia,i gradini che portavano sotto
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Gentile Censin, questo tuo intervento mi ha riportato alla mente un manifesto che fù affisso nella mia scuola elementare (come credo in tutte quelle di Torino); manifesto che mi impressionò moltissimo, tanto da ricordarlo ancora dopo 50 anni! Era una locandina che voleva mettere in guardia i fanciulli sui rischi nel maneggiare residuati bellici. Si vedeva disegnato in maniera realistica un bimbo piangente che teneva fra le braccia un giocattolo, ma che al posto delle mani aveva due moncherini fasciati. Non è che per caso, vista l'enorme quantità di materiale e di fonti in tuo possesso, hai anche questa immagine, o sapresti come rintracciarla? Sarei oltremodo curioso di rivederla. Un grazie anticipato!
:banana:Graziee!!! Era come lo ricordavo! Evidentemente il messaggio che doveva trasmettere ha avuto il suo effetto (almeno su di me), per averne un ricordo così vivido.
Avevo salvato anch'io qualche tempo fa proprio questi manifesti con una buona qualità, anche se non mi ricordo dove li avevo trovati in rete. Li puoi trovare qui sul mio sito...
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Quello a cui fai riferimento è il terzo.
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Avevo salvato anch'io qualche tempo fa proprio questi manifesti con una buona qualità, anche se non mi ricordo dove li avevo trovati in rete. Li puoi trovare qui sul mio sito...
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Quello a cui fai riferimento è il terzo.
Il 4 è di epoca bellica e di pura propaganda contro i disumani alleati.
Vi figurano le inesistenti penne esplosive.
Il 5 sembrerebbe destinato alla Yugoslavia?
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giuseppe tubi Quella delle penne bomba pare che fosse una leggenda.
In realtà esistevano le "matite esplosive", cioè detonatori a tempo in cui una fialetta di acido quando veniva rotta corrodeva un filo di diametro diverso secondo il tempo di ritardo desiderato. Venivano usate dai guastatori e furono fornite anche alla Resistenza.




Eccola qua... (da: ''KILL ROMMEL!'', libro UK sul 'commando'
britannico che cercò di rapire od uccidere Rommel).
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Eccolo completo:
Il mio primo abbonamento mensile, come ho già avuto modo di accennare, è stato quello al filobus CTREA per Grugliasco, nel 1969; era abbastanza simile, solo che l'astuccio invece che di plastica era metallico, con la fototessera incorporata, e di fianco lo spazio per infilare i tagliandi mensili; tali tagliandi li compravo a fine mese (per quello successivo) al capolinea di corso Francia (sotto il grattacielo), oppure nell'ufficio di Regina Margherita, tra due mezzi successivi.
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Non lo sapevo! Anche se sia mio padre che i miei nonni erano del Borgo Po, non ne avevo mai sentito raccontare. E dire che abitavano al 16 di Corso Casale, a poca distanza da lì. Appena vedo qualcuno degli amici di mio padre ancora in vita, chiederò conferma.
Mio padre, che pure era nato e cresciuto nel 1906 in Borgo Po (via Luigi Ornato), si trasferì poi fuori del borgo con i suoi a metà anni 20; prima in via Accademia Albertina, poi in via Ormea angolo via Bidone (stabile poi distrutto da un bombardamento aereo; ora al suo posto vi è la clinica Salus), poi dal 1930 o 1932 in via Belfiore. Nulla quindi sapeva di tale rifugio, costruito ovviamente dopo che se ne era andato dal borgo.
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Avevo salvato anch'io qualche tempo fa proprio questi manifesti con una buona qualità, anche se non mi ricordo dove li avevo trovati in rete. Li puoi trovare qui sul mio sito...
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Quello a cui fai riferimento è il terzo.
Abbiamo toccato uno dei tasti più dolorosi della guerra, anzi di tutte le guerre, anche quelle attuali: i bambini e ragazzi vittime di ordigni o mine inesplosi!
Uno dei racconti di un mio libro di lettura delle elementari faceva proprio riferimento all'eroico comportamento di un carabiniere, che, nelll'immediato dopoguerra, avendo notato un bimbo che era entrato in un campo minato, non aveva esitato a entrarvi a sua volta, riuscendo, con gravissimo rischio per la propria incolumità, a uscirne incolume col piccolo, a cavalcioni sulle sue spalle.
Fu, sempre nel dopoguerra, la meritoria opera di Don Gnocchi a tentare di dare un futuro e una speranza di vita a tanti piccoli che avevano subito mutilazioni più o meno gravi; che operò anche qui a Torino nella collinare Villa Gualino, ribattezzata per l'occasione "Istituto Santa Maria dei Colli".
Purtroppo, gli strascichi delle guerre durano per decenni, o anche per secoli: ancora negli anni 60, la "Domenica del Corriere" in un articolo rimarcava come la zona dell'altipiano di Asiago fosse ancora infestata dalle bombe inesplose e altri residui bellici della prima guerra mondiale, in cui si erano svolti aspri combattimenti nella zona, raccogliendo le preoccupazioni di una madre per il figliolo undicenne, che amava vagare nel tempo libero dagli impegni scolastici per quelle aree, attratto proprio da quegli indesiderati "souvenir" bellici!
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giuseppe tubi Quella delle penne bomba pare che fosse una leggenda.
In realtà esistevano le "matite esplosive", cioè detonatori a tempo in cui una fialetta di acido quando veniva rotta corrodeva un filo di diametro diverso secondo il tempo di ritardo desiderato. Venivano usate dai guastatori e furono fornite anche alla Resistenza.




Eccola qua... (da: ''KILL ROMMEL!'', libro UK sul 'commando'
britannico che cercò di rapire od uccidere Rommel).
Impressionante la similitudine esteriore con un oggetto oggi comune: le sigarette elettroniche!
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Il 4 è di epoca bellica e di pura propaganda contro i disumani alleati.
Vi figurano le inesistenti penne esplosive.
Il 5 sembrerebbe destinato alla Yugoslavia?
In effetti le 'penne' erano dei detonatori a tempo ('penna'.jpg).
Però la propaganda nacque probabilmente da un genuino 'misunderstanding'... come si evince da questa circolare. Rimangono tuttavia alcuni dubbi sull'inesistenza di queste 'matite esplosive'... la prova più convincente al riguardo è che non è noto alcun manuale di disinnesco, o qualsivoglia disegno, o reperto museale.
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Impressionante la similitudine esteriore con un oggetto oggi comune: le sigarette elettroniche!
In un racconto di Fenoglio il protagonista (non ricordo se Johnny o Milton) offre una sigaretta ad un fascista legato e bendato e quello subito rifiuta, temendo che gli metta in bocca una "matita esplosiva" come scherzo crudele. Poi si rasserena e accetta.
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Avevo salvato anch'io qualche tempo fa proprio questi manifesti con una buona qualità, anche se non mi ricordo dove li avevo trovati in rete. Li puoi trovare qui sul mio sito...
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Quello a cui fai riferimento è il terzo.
Grazie!
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Visto che non so quando e se torneremo a parlare di propaganda in tempo di guerra,
manifesti etc., perdonatemi un OT, ma spero interessante: un manifestino del
'reparto propaganda' tedesco, non della Rep.Salò/RSI, indirizzato ai partigiani piemontesi
dopo il 'proclama' del M.llo inglese Alexander, comandante gli eserciti alleati in Italia, che
invitava tutti i partigiani a 'svernare' in attesa dell'offensiva alleata di primavera 1945.
Il perchè di tale ingenuità, non casuale, ci porterebbe veramente troppo OT...

da: http://www.psywar.org/leaflets.php



Ho cercato di migliorare la leggibilità del testo, l'originale è ancor meno definito.
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Molto particolare. Figura anche su un libro dedicato alla Resistenza uscito con La Stampa mesi fa.
Dopo tante minacce di pene capitali e rappresaglie verso i famigliari, il regime fascista con la scusa di celebrare la marcia su Roma, in occasione del 22 ottobre promulgò una amnistia in favore dei ribelli.
Chi si fosse registrato all'Ispettorato del Lavoro avrebbe avuto il perdono e sarebbe stato avviato al lavoro "socialmente utile" con le organizzazioni tedesche. Inutile dire che non ebbe un gran successo.
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Una foto di inizio 900 dell'attuale via San Francesco d'Assisi, quando ancora si chiamava via Genova



Notiamo che sulla strada vi è ancora il ciottolato con le "lose" per il passaggio di carri e carrozze, non i binari tranviari; questi vi vennero posati nel 1912 per il passaggio della linea 10; nel 1950 a tale linea si aggiunse il 15, ivi istradato per evitare il "budello" di via Palazzo di Città; le due linee vi transitarono fino al 1966, quando furono deviate per "liberare" la via dai tram, lasciando però i binari per situazioni di emergenza tipo interruzioni sui percorsi normali delle linee attraversanti il centro; nel 1978, in seguito alla pedonalizzazione di via Garibaldi, tornò a passarvi il 3 (Borgata Lesna - Ospedale San Giov. Bosco), fino alla riforma del 1982 che soppresse la linea; all'inizio di questo secolo, eliminato il binario in direzione Nord, è stato rifatto e rimane quello in direzione Sud per la linea 4, mentre per la direzione opposta il transito è su via XX Settembre.
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Un immagine inedita di piazza Hermada, che scattai nei primi anni ottanta. Interessante notare come in basso a destra, si notino ancora presenti le rotaie che portavano al capolinea del 22, poco lontano, e al centro, tratteggiate, le linee delle rotaie che avrebbero di lì a poco attraversato corso Quintino Sella. Una bella piazza, irrimediabilmente persa.

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Bella!

I tratteggi bianchi per la posa di future rotaie me li ero dimenticati! Beh, ormai sono anni che non sprecano più una goccia di vernice per tracciarne :grumpy:
Bella!

I tratteggi bianchi per la posa di future rotaie me li ero dimenticati! Beh, ormai sono anni che non sprecano più una goccia di vernice per tracciarne :grumpy:
Ma secondo te non sarebbe possibile il ripristino del capolinea del 22, onde riportare il 3 oltre il Po?
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